In questo periodo in cui (da Insegnante Yoga) mi sento un po’ invisibile, mi capita di perdermi nelle valutazioni di un cambio mestiere: benché il mio, ve lo assicuro, sia il lavoro più bello del mondo.
Nasco architetto, e ho praticato la professione per oltre 13 anni; durante gli studi ho fatto tanti lavoretti diversi per aiutare il mio mantenimento. Insomma, di ambienti lavorativi e di professioni ne conosco: lo affermo da una posizione di parte, ma anche con termini di paragone, che insegnare Yoga sia l’attività più coinvolgente che esista.
Ma in questo periodo in cui il nostro settore è “chiuso ad oltranza, e senza luce guida in fondo al tunnel”, qualche vacillamento ci sta. Così mi ritrovo a sondare correttivi ed alternative.
Proprio portata da questi venti senza una reale meta, mi sono imbattuta in un gustoso ed assai reale articolo in cui si descriveva il retroscena quotidiano di un mestiere molto ambito, perché se ne percepisce solo l’aura romantica e non il risvolto pratico. E mi sono accorta che l’insegnare Yoga ricade nella stessa trappola ammaliatrice. Così ho pensato di offrire una bella ‘caduta del sipario’: reale, pratica.
Cosa significa vivere dell’insegnamento Yoga oggi? Ormai è noto, i praticanti di Yoga (inteso come disciplina che si pratica dall’ora X all’ora Y in una sede specifica e con abiti esclusivamente dedicati a quello scopo) sono più dei clienti delle panetterie in Italia, ed in tutto l’occidente in generale (anzi in alcuni paesi sono molti di più gli iscritti ad un corso Yoga, visto il pessimo pane in circolazione in alcune nazioni!). E di conseguenza aumentano giornalmente coloro che vengono toccati dall’idea di far diventare la propria passione un mestiere. E’ naturale, in parte anche sano: più persone praticano Yoga nel mondo, meglio staremo tutti. Dico che è sano in parte, perché ci sono delle trappole da non sottovalutare.
Non toccherò il tema serio e delicato del fiorire di corsi di Formazione tipo “raccolta dei punti dell’Esselunga” (tre fine settimana superintensivi et voilà, arriva il diploma), perché per chi concorda sull’argomento non ce n’è bisogno, è immediata la riflessione e la valutazione della serietà dell’Insegnante; per chi non ha orecchi (“e cosa servirà mai per fare 3 piegamenti destra/sinistra? La solita secchiona!”)……non perdo tempo.
Preferirei sorridere insieme, disvelando i retroscena reali di cosa comporta insegnare questa meravigliosa disciplina, per dare anche un piccolo orientamento a chi volesse farne il proprio mestiere.
Ecco perciò la prima vera differenza: vuoi farne il tuo primo ed unico lavoro, da cui trarre sostentamento per te, e magari per la tua famiglia? Oppure vorresti diventasse il tuo secondo lavoro, magari tenendo 2-3 lezioni settimanali presso un Centro gestito da altri? Beh, mi rivolgo all’opzione uno, la seconda è un hobby, meraviglioso, sano ed utile per la società, ma non cade nelle trappole del primo. E se non esistessero scelte del primo tipo, i secondi non troverebbero terreno per poter esercitare: quindi necessitiamo di visionari che lascino tutto per immergersi……nella burocrazia/segreteria/marketing/amministrazione!
Ebbene sì, il “mangiafiori medio” (così veniamo spesso chiamati, e da tecnico/scientifico quale nasco, gradisco pure questa visione di me che mi nutro di gerbere e tulipani, indubbiamente i miei preferiti) è visto come un essere scollegato dallo svolgersi delle ore e delle stagioni, abbigliato al contrario di come lo richiederebbe il meteo, perennemente dimentico di che ora sia (quasi me, insomma, che per chi mi conosce vado verso l’opposto)…..ma deve essere anche concreto.
Non c’è dubbio, e mi preme ribadirlo, che la componente di preparazione, e quindi di studio e pratica personale, la faccia da padrona nel bagaglio di capacità necessarie per diventare Insegnante Yoga; e quindi larga, larghissima parte della settimana deve essere dedicata allo studio (ecco che essere secchioni-dentro aiuta, e molto), da aggiungere alla preparazione delle lezioni.
Ma occorre tenere presenti anche altre qualità che potrebbero aiutare l’aspirante Insegnante: deve piacere dare nutrimento, interfacciarsi con le caratteristiche personali, saper ascoltare e discernere fino a che punto dare risposte e dove ritirarsi.
Deve piacere avere un costante contatto (aiuto, al momento suona male) con persone che diventano allievi e in tanti casi compagni di strada per anni: vicinanza prima e dopo le lezioni, ma anche in altre sedi.
E come accennavo prima occorre avere almeno una discreta predisposizione verso l’ambito gestionale/organizzativo, perché i corsi ed i seminari non fioriscono da soli, a meno che tu non diventi un Maestro tale da avere uno staff dedicato a quello.
In caso contrario una buona metà delle ore settimanali vengono dedicate alla pianificazione dei corsi, alla registrazione dei pagamenti (con tutto ciò che ne deriva) in ingresso e in uscita, alle iscrizioni/certificazioni, frequenze, prenotazioni: insomma alla segreteria.
Ma anche alla promozione (già, sarebbe bene dotarsi di professionisti dedicati, qualora i volumi lo permettessero) sui canali social, newsletter, gruppi vari: impensabile sopravvivere oggi senza questo tipo di pubblicità, da affiancare sempre però anche alla promozione classica (e quindi interfaccia col grafico, con la produzione di manifesti/volantini, e via così).
Da non sottovalutare poi, soprattutto se si sceglie un approccio con gli allievi che non metta una distanza maestro/alunno, il tempo da dedicare alle domande-saluti-chiacchiere varie, pertinenti o meno con lo Yoga.
A me personalmente nutre moltissimo, e in una disciplina di Unione trovo contraddicente porre distanza con gli allievi (ne conosco tanti di Insegnanti che, a buon diritto, scelgono questa modalità): ma se si adotta una comunicazione da pari a pari, occorre tenere presente che il tempo da dedicarvi sarà tanto. Piacevole, ma tanto.
Poi vuoi dimenticarti che per far sopravvivere un Centro (io amo chiamare Sala il luogo dove pratichiamo: non è centro proprio di nulla, siamo tante briciole vagamente sperse nell’universo……ma pare che “Centro” vada per la maggiore) occorre possibilmente offrire anche altre discipline, che contribuiscano alle spese mensili? E non arrivano da soli, né i collaboratori né gli iscritti: perciò si riparte con la fase organizzativa/gestionale, anche delle discipline che affiancheranno lo Yoga.
Parte minoritaria (ma esiste, per fortuna) va anche dedicata anche alla pianificazione di seminari “in trasferta”: e quando la location non può essere stabile ogni anno, per vari motivi, saranno tante le giornate da dedicare alla ricerca/richiesta preventivi/ed accordi.
Sorvolo brevemente sulle ultime attività spesso non tenute di conto (pulizia quotidiana Sala, manutenzioni ordinarie e straordinarie sia della Sala che dei piccoli attrezzi utilizzati, props o tappetini che siano) perché mi mancano, ebbene sì: in epoca Covid mi manca pure pulire tutti tutti i giorni la Sala, e non voglio intristirmi.
Già, perché tutto ciò, tutte le attività che non avresti mai pensato di dover affrontare se “lasci tutto e ti dedichi allo Yoga”, diventano diverse nell’epoca del distanziamento: e per questo, su cosa significhi essere Insegnante Yoga in questo assurdo ed interminabile periodo, dedicherò la prossima puntata.
Quando perciò al termine della prossima classe di Yoga ti troverai sognante nell’immaginare la tua Insegnante dedita ad accendere incensi profumati mentre canta mantra, sappi che probabilmente si starà affrettando a concludere un excell prima dell’appuntamento in banca e poi con l’idraulico: perché il rubinetto della Sala, benché chiusa, perde…mannaggia.
Ma tutto ciò condotta, trasportata, dalla passione per un’attività che può diventare un lavoro (il più bello che esista, repetita iuvant), ma prima che mestiere (e questo mi sento sia il monito più importante per tutti, futuri ma anche presenti Insegnanti, scrivente compresa) è una disciplina entusiasmante di cui occorre sempre, sempre, rimanere allievi.
Ecco dunque il vero segreto per diventare Insegnanti Yoga: restarne allievi, finché c’è vita.
ti capisco bene