Possono praticare lo Yoga i bambini? Risposta breve: certo che sì! Risposta lunga e poco purista: certo che sì, possono praticare una disciplina che condivide con lo Yoga sia le tecniche, che le finalità. E che quindi, facendo storcere la bocca agli amanti del rigore, mi sentirei di chiamare Yoga (per bambini, appunto).
Perché questa premessa? Perché spesso mi viene chiesto con sana curiosità, anche da allievi adulti, come sia possibile far praticare Yoga ad un piccolo. Occorre quindi fare un netto distinguo tra una lezione per adulti, dove la concentrazione richiesta è costante e molto prolungata, dove il discostarsi dalla presenza sul qui e ora interrompe la pratica in maniera netta, da una lezione per under ten. Entrambe condividono le finalità: maggiore conoscenza di se stessi, integrazione delle varie componenti dell’individuo, evoluzione in armonia con chi/cosa ci circonda.
Ma la fase evolutiva così profondamente diversa fa sì che anche la lezione sia differente, molto. Libri interi non sono sufficienti per raccontare il metodo usato con i bimbi, qui ci preme solo dissolvere un po’ di buio, svelare qualche curiosità. Ed allora, per opposizione con la classe degli adulti, diciamo subito che con i bimbi….si chiacchiera! E si ride, si gioca, si balla: ma ordinatamente, con logica e soprattutto con finalità. Si stringono “patti”, una sorta di piccoli decaloghi per allenarci a rispettare regole, come nei giochi dove se si superano dei livelli si passa a fasi più interessanti. Ed ai bimbi piace un sacco rispettare i patti! Si impara ad ascoltare perché ognuno riceve il suo momento in cui è ascoltato da tutti, se vuole: seduti in cerchio ci si esprime su tutto ciò che si desidera, e tutti ascoltano. Si impara il rispetto dei ruoli, perché ogni bambino ha un compito diverso che cambia periodicamente: chi “sorveglia la soglia” (rituale di passaggio che insegna la consapevolezza del fatto che si vivono tanti ruoli diversi all’interno della stessa giornata), chi ha il compito di far iniziare o terminare la lezione col suono dei cimbali, e altri piccoli ambitissimi compiti.
E si impara la familiarità col proprio corpo, con l’esecuzione di sequenze di asana (ebbene sì, spesso le stesse che “fanno anche i grandi”, come dicono loro!) ma eseguite piuttosto dinamicamente e con il supporto di favole, miti, fiabe: e così si stimola anche la fantasia, la memoria (devono via via memorizzarle), la collaborazione col gruppo.
E (solo per essere brevi perché l’elenco sarebbe davvero lungo) si impara a giocare, con quei giochi veri, fatti col corpo e la fantasia, che agiscono sull’attenzione, sulla coscienza e la percezione: ed il gioco finale diventa un momento attesissimo, dove l’apprendimento emotivo, sensoriale, ma anche cognitivo, arriva per magia a chiudere l’incontro, con gioia e leggiadria. Ed ogni volta i bambini non se ne vorrebbero mai andare…….e neanche l’insegnante !!!